La Grande Guerra significò il kairòs, il momento giusto per il configurarsi di due mitologie che insorsero contro l’alienazione capitalistica: il mito della razza e il mito dei sovièt. La connessione di estetica e politica si rivelò tenace e risoluta in entrambi i casi: la grande ‘rivolta generazionale’ degli Espressionisti indusse costoro a identificarsi, spesso, o con i sostenitori della razza come forma (quale uscita di sicurezza’ dal nichilismo e dal caos della libera espressività: il Gottfried Benn della DORISCHE WELT), o con i sostenitori della forma come collettività. La forma, nelle figure o del tipo razziale o dell’uomo universalizzato, si dichiara in due risposte estetico-politiche alla instabilità di qualsiasi forma -un fluire omogeneo alla società del denaro, in quanto elementi, questa e quello, di una serie omologa. Che l’impulso estetico crei la forma di comunità: questo fu il materiale di fusione che si raccolse nel crogiolo dell’Espressionismo.
Francesco Ingravalle