Scopate, è un ordine!

Uscite dal vostro puerile e patetico dopoguerra, sennò tramonterete nel modo più ridicolo possibile, travolti dalle tonnellate dei vostri capricci. Napoli, ecco: una Napoli di tutto l’occidente. Lasciate perdere l’indignazione contro i fascismi, che esaltavano la forza, la grandezza, l’eroismo, l’onore. Sono proprio queste qualità che vi servono, se volete sopravvivere. Senza forza, senza essere duri con sé stessi, e vigorosamente onesti, dalla melma totale, che copre l’intero arco costituzionale, non si uscirà. Il mercato cui avete consegnato millenni di arte, di filosofie, di letteratura e poesia, di guerre, vi gira le spalle. C’è già tutto e il contrario di tutto in circolazione: tutte le comodità, i vizi e i vizietti. Il benessere materiale non può aumentare più di così. E’ impossibile. Tutti vanno a scuola, anche i più smaccatamente deficienti. Quasi tutti si laureano. Nessuno ritiene decoroso scaricare cassette di frutta ai mercati generali. Tutti si accaniscono sulla tastiera del cellulare e, se non c’è altro da fare, passano così la giornata. E’ stato detto tutto, scritto tutto, provato tutto: il recto e il verso degli ideali, il recto e il verso degli amori. Ma che cosa sono queste parate imbecilli per le vie di Roma di maschi col rossetto e il gonnellino? Si mira a una legge per evitare ogni fatica, anche quella di prendere vie diverse dal consueto. Non si vuole più lottare, contro niente. Non si vuole fare più nemmeno la fatica di uccidersi, nemmeno quella, no: si vuole il testamento biologico, l’eutanasia, pretesa da smidollati. Sylvia Plath si è ammazzata col gas della cucina, Carlo Michelstaedter con una pistola, Antonia Pozzi divorando barbiturici. Ma adesso non ci sono mica più in circolazione Sylvie Plath, Carli Michelstaedter, Antonie Pozzi. E si vede. Si legifera contro di loro, contro la possibilità che in tanta marmaglia umana di ogni colore, specie, qualità, affiori qualche genio.

Beati gli ultimi, gli smidollati, ma beati mica tanto, se le banche faranno crack, se arriverà uno tsunami o un terremoto a provare la tenuta della gente, se la noia e la tristezza li soffocheranno in un tripudio di psicofarmaci e cocaina.

E bene parlò quel miliziano vero, asciutto, di pochissime arringhe e innumerevoli fatti, di fronte all’interlocutrice disgustata, che non poteva tollerare negazioni così insistenti e plateali dell’evidenza: “Per essere uomini di milizia non serve, no, imbracciare un fucile. Basterebbe, al momento giusto e nel luogo giusto, imbracciare una scopa.” Ecco, occhio alle scope, il segno inequivocabile (l’insegna?) della milizia a venire.

12 luglio 2011