Il Maestro dell’Imperatore

ritorno-eraclidi

Autore: Eunapio
Titolo: Il Maestro dell’Imperatore. Massimo il teurgo e Giuliano il Grande
Collana: Paganitas
Prezzo: 12,00€

A cura di Claudio Mutti

“Fu verosimilmente ad Efeso che, grazie al magistero di Massimo, ebbe luogo quella che in modo del tutto improprio viene chiamata la ‘conversione’ di Giuliano alla tradizione religiosa ellenico-romana. Che ciò sia avvenuto nel 351 e.v., lo si può dedurre dall’esplicita allusione contenuta in una epistola che Giuliano inviò da Antiochia agli abitanti di Alessandria [.] ‘Se volete ascoltare le mie raccomandazioni, per quanto brevi —egli scrive— ritornate alla verità. Non smarrirete la retta via, se darete retta a uno che fino a vent’anni ha camminato per quella strada, e ormai da dodici cammina su questa, con l’aiuto degli dèi’. Fu allora, dice Libanio, che il giovane principe, ‘dopo aver rigettato tutta la ciancia precedente, al posto di essa introdusse nella propria anima la bellezza della verità, come in un grande tempio statue di dèi precedentemente oltraggiate dal fango’ [...] Fu dunque Massimo colui che ad Efeso sottopose Giuliano ad ‘una imprecisata iniziazione’, come ci racconta Gregorio di Nazianzo. In una orazione ‘parziale, odiosa e oltranzista’ [J. BIDEZ] scritta poco dopo la morte di Giuliano, il Nazianzeno ricostruisce l’episodio dipingendolo a tinte grottesche e presentando il maestro di Giuliano come il dèmone malvagio che trascinò il giovane principe nell’abisso della perdizione [...] Massimo seguì Giuliano, nel quale secondo lui si era trasferita l’anima di Alessandro il Grande, nella spedizione militare contro la Persia. Il 27 giugno 363 il teurgo rimase accanto all’Imperatore ferito a morte, che negli ultimi momenti della sua esistenza terrena conversò con lui e con Prisco, ‘gli uomini più sapienti’ della corte imperiale, ‘sull’eccelsa nobiltà dell’anima’ [...] Massimo venne condannato a morte per la sua attività teurgica, che violava i divieti emanati da Valentiniano e Valente contro la divinazione e la magia. Mentre Zosimo addebita all’invidia, più che ad una giusta sentenza’ la causa reale della condanna di Massimo [...], Eunapio riconduce l’eliminazione di Massimo alla lotta, contro la tradizione religiosa ellenico-romana, condotta dal potere imperiale cristianizzato, ed afferma che punendo il filosofo si intese punire un dio; in altre parole, si vollero colpire quelle ‘qualità divine della sua anima e della sua mente’ [M. CIVILETTI] che si manifestavano nelle sue virtù divinatorie.”