Cari bambini – di Silvia Valerio

Cari bambini,
tra pochi giorni ricomincerà la scuola. Tra poco bisognerà ricordarsi di prendere tutto l’occorrente per le lezioni, preparare gli zainetti o le cartelle, mettere la sveglia presto la mattina, far colazione all’alba, buttare la faccia sotto l’acqua gelata, uscire mezzi rimbecilliti e in panico e arrivare in quell’edificio che presto l’irenista di turno chiamerà la vostra seconda casa.
Presto, cari bambini, finirete sui banchetti, disposti a file o in cerchio, a seconda delle teorie pedagogiche cui è affezionato il vostro insegnante, e imparerete che cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia: farete comunque una fatica bestia a copiare, correrete per tutto il primo mese il rischio di spaccarvi l’osso del collo inciampando nella cartella o negli astucci della compagna di banco, la maestra vi dirà che ogni tot settimane cambierete di posto così da socializzare (ma poi non appena vi butterete a socializzare vi piazzerà una nota), e poi vi darà indicazioni su come sviluppare la vostra indipendenza (ma non appena vi isolerete concentrandovi in un vostro progetto personale creativo sul diario scolastico farà il diavolo a quattro). Ma non è il caso di disperare, perché presto, a forza di scansare cartelle ferme o in movimento e di raggiungere il cestino della carta passando sotto i banchi, acquisirete un’agilità straordinaria che tornerà utile a ginnastica e imparerete il dono del multitasking riuscendo a leggere un fumetto e contemporaneamente a rispondere all’‘Adessodimmichecos’èchehodetto’ acido che vi arriverà dalla cattedra.
Presto, se siete all’inizio di un ciclo scolastico, che siate cristiani, pagani o infedeli, vi attenderà l’interessante cerimonia battesimale durante la quale l’insegnante vi comincerà a chiamare in quella maniera che vi starà sullo stomaco per tutto l’anno scolastico, e abituatevi perché userà sempre quel nomignolo, o qualunque altra forma fonetica che non si avvicini neanche un po’ al nome o al cognome che vi hanno dato i vostri poveri mamma e papà. Oppure, se è a inizio carriera, vi farà sfogare l’arte repressa preparando quel delizioso cartoncino da tenere in piedi accanto all’astuccio e al diario, e così facendo riuscirà perfino a mettervi un po’ di malinconia pensando ai bei tempi dell’asilo. Ma si sa, la scuola è maestra di vita e alla tristezza bisogna farci il callo.
Presto, cari bambini, vi presenteranno quella misteriosa bestia che è il Metodo. Una specie di moloch che nessuno ha mai visto e di cui tutti nutrono sicuro timore, perché il Metodo ‘lo si ha o non lo so ha’, ma soprattutto ‘bisogna acquisirlo’, per forza, perché ‘è tutta questione di’, ed è dato in dote ai più antipatici della classe che, non si sa come, ma ‘ne hanno sempre uno ottimo’. Poi, state tranquilli, cari: perché tutti noi adulti ci siamo fermati, almeno una volta nella vita, a crucciarci su ‘quale caspita fosse’, questo benedetto metodo, nelle più varie situazioni.
Presto vi diranno di non fare tutto quello che vi verrà spontaneo fare – correre nel giardino, per le scale, tirarvi palle, di cuoio, di carta, di fango, rotolarvi, disegnare sul diario sulle pareti o sul banco, mangiare prima dell’ora di ricreazione, incantonare la compagna dalle treccine bionde e così via – e vi faranno fare un sacco di cose di cui voi, sinceri, non capirete affatto l’utilità, trincerandosi dietro a quella ermetica e solenne formula idiomatica ‘quando sarete grandi, capirete’. E, dunque, vi ritroverete a studiare inglese quando ancora non sapete l’italiano, a meditare facendo cornicette a non finire, a fare i compiti il giovedì pomeriggio invece di andare all’allenamento di calcio, a chiedere scusa al compagno stronzo che vi ha tirato per primo un calcio sotto il banco, ad abbandonare quel posto che vi piaceva tanto insieme alla vostra amica migliore perché ‘era un rapporto che rischiava di diventare di dipendenza’, e a fare i contorni neri ai disegni anche se poi nella realtà nessuno di noi bravi adulti ha mai visto una nuvola col profilo a tratto-pen.
Ma, cari bambini, il meglio ha da venire. Perché, dopo i primi giorni in cui gli insegnanti vi sembreranno tutto sommato gente normale, con dei difetti, come ogni essere umano, con delle cornicette, ma con cui si potrà convivere, e talvolta anche scherzare, a un certo punto questi cambieranno faccia. Perderanno colore. Nella stanza calerà una cappa mefitica, un silenzio di tomba e qualcuno comincerà a tossire – a prescindere dalle sindromi influenzali. E mentre lo faranno voi sentirete parlare per la prima volta di un’entità che è ancora peggio del Metodo, ancora più spaventosa del Regolamento, ancora più foriera d’ansia del Libretto, ancora più morale dell’Ora di religione, ancora più fastidiosa del Bidello – il Programma.
Il Programma, cari bambini, vi programmerà l’anno scolastico presente, quello a venire e anche la vostra vita privata perché sarà intenso, crudele, selvaggio, darà un’accelerata rapidissima alla vostra vita e innescherà moti di lotta sociale all’interno delle mura scolastiche. Da quando sarà partito, il Programma, dimenticatevi dei vostri insegnanti. Loro non ci saranno. Non vi baderanno più. Saranno distanti, diversi. In compenso, vi baderanno molto gli insegnanti della sezione B o C, per sapere a che punto siete e come vi sentite e cosa avete fatto e non fatto.
Imparerete che col cavolo che potrete rivolgervi a loro, per chiedere di ripetere una cosa o approfondirne un’altra che vi piace, perché il Programma è uno e uno solo e, soprattutto, quando è partito non lo si può fermare. The show must go on. È il Programma, bellezza. E così vi toccherà pure farvene una ragione e perdonarli, questi insegnanti, magari non subito, col tempo, pensando che loro sono come il foglio di carta della morra cinese tra il sasso e le forbici, e da una parte hanno il Programma del ministero, dall’altra il Programma dei genitori, che forse fa ancora più spavento e che nessuno, genitori, insegnanti, ministero, si fila i vostri, di programmi, naturalmente.
Ma col Programma, in un modo o nell’altro, crescendo imparerete anche un sacco di cose, concetti importanti, che poi troverete in storia e filosofia e psicologia, tipo quello di alienazione, quello di sopportazione, quello di masochismo e di autodistruzione.
Col Programma vi insegneranno a stare sotto pressione e a essere supini, perché vi faranno studiare a tempo di record una gran massa di cose e tante di un grigiore pazzesco. Imparerete a non capire più tanto bene quello che vi interessa e quello che no, perché anche delle materie che vi piacevano e appassionavano dovrete studiare delle emerite stupidaggini.
Imparerete, cari bambini, il valore singolare della ripetizione: perché comincerete dalla preistoria e a ogni cambio di ciclo scolastico la storia ricomincerà da lì. Com’è giusto, sicuro. Ma vi assicuro che quando vi ritroverete anche al liceo a ripartire da quei progenitori pelosi, di nome e di fatto, vi saranno un po’ meno simpatici che all’inizio e vi chiederete perché diavolo non vi dicono qualcosa sulla situazione di cui leggete sui giornali, senza capirci un’emerita acca, o se non altro perché non ricominciano una buona volta dall’Ottocento invece di prendere sempre la rincorsa dal paleolitico.
Per l’italiano, preparatevi ai magnifici tre: Dante Petrarca e Boccaccio, inseparabili e sempiterni come padre figlio e spirito santo e come olio aceto e sale sulla tavola della nonnina. DantePetrarca&Boccaccio alle medie, DantePetrarca&Boccaccio in prima liceo, DantePetrarca&Boccaccio all’università. DantePetrarca&Boccaccio per lunghissimi mesi, con distese dissertazioni e interrogazioni a chiedersi e raccontarsi quali sono le tre bestie che Dante trova al tale parallelo del tale girone infernale, e che storia difficile hanno, e con che verso abbaiano, e che tipo di osso scarnificano, e quanti erano i ‘periodi’ di Boccaccio, e la figura di Sant’Agostino per Petrarca dove la mettiamo? E poi con Montale una sveltina senza protezione la settimana prima dell’esame di maturità, coi 40 gradi fuori e il patema d’animo delle domande di scienze. Hoscesodandotiilbraccioalmenounmilionediscale. Eandandonelsolecheabbagliasentirecontristemeraviglia.
Meriggiarepallidoeassortopressounroventemurod’orto.
Con tutto l’amore che una persona può provare per il trio DantePetrarca&Boccaccio, scommetto che all’ennesima anche voi vorrete provare una ventata di freschezza e provare a studiacchiare qualcosa di diverso, che so io, qualche autorino degli anni sessanta o settanta o ottanta, qualche romanzino contemporaneo, con un ritmo un poco umano, di esaminare un libruccio appena uscito nelle librerie e così tentare di scrivere in un italiano che non sia proprio trecentesco e buttare giù una storiella che non cominci con: da una parte c’era l’eroe, dall’altra la bestia nera.
E, cari bambini, vi lascio il piacere di scoprire da soli cosa può fare il Programma con tutto il resto: geografia, matematica, scienze, educazione artistica, educazione civica e perfino educazione fisica, perfino quella, ragazzi.
Col Programma, imparerete che, come sostenevano i filosofi, tutto è illusione, che, come sosteneva Cristo, la vita è una sofferenza, e, in ultimo, come sostenevano i Greci, che meglio è non essere nati.
Ma tranquilli: tempo qualche mese e potrete dimenticare tutto quanto.
Ci sarà sempre dietro l’angolo un nuovo Programma che vi aspetta.
Infine, una volta usciti da tutti quei Programmi, sarete stanchi di sicuro, contenti non lo so. Avrete ventiquattro, venticinque anni. Vi guarderete indietro e alle vostre spalle vedrete torme infinite popolate di dorsali, ascisse, ottativi aoristi, proiezioni ortogonali, poetiche del non-finito, ragguagli dal Parnaso, bastoncelli, coclee, teoremi di Euclide, Pomponii Meli, derivate e integrali. Più vicino: glottologie, filologie romanze, cartografie, vettoriali, differenziali. Scoprirete che il fondamento di linguistica ha seppellito la terza declinazione latina e che l’analisi matematica ha avuto la meglio sul paradosso di Zenone. A un certo punto vedrete strisciare una bestiolina nera, un po’ sghemba rispetto al piano della strada: un verbo irregolare latino al piuccheperfetto! Che carino! Chissà da quale buchetto sarà venuto fuori… E poi, guardandovi intorno, con una certa malinconia, scoprirete che ancora non sapete fare un sacco di cose, tipo attaccarvi un bottone o aggiustare una cornice di legno rotta. E che per fare quel lavoro che ora desiderate, o quello di cui avete bisogno, non vi hanno insegnato niente di niente e dovrete ricominciare da zero. Avrete ventiquattro, venticinque anni, si diceva. E poi, vi attraverserà la mente l’idea che Alessandro Magno ha lasciato questo mondo una decina di anni più vecchio di voi e vi potrebbe prendere un certo panico.
Allora, cari bambini, vi do un consiglio. È una situazione seria, importante. Qui il mondo si sgretola e se nessuno fa qualcosa niente cambierà di una virgola. Io non ho avuto la prontezza di farlo alle elementari e alle medie; poi al liceo, quando era di moda, mi ritrovavo un carattere da bastian contraria quindi nulla di fatto. Ma ora lo dico a voi. Voi che potete. Fatelo. Tutti insieme. Escludete il secchione di turno (che tanto non fa numero), tenetevi forti e fate una bella marinata di massa. Una marinata come si deve. Con uno scopo. Da adulti si chiama sciopero. Organizzato. Invece di andare a nord piegate a sud. I genitori vi fanno entrare dalla porta e voi uscite dalla finestra. Vi piazzano sull’autobus numero 4 e voi restateci finché non ha finito la corsa. Inventatevi qualcosa. Il modo si trova. Bisogna trovarlo. Perché, cari bambini, se non fate i capricci voi tutto rimarrà com’è stato. O anche peggio: perché cominceranno sempre dalla preistoria ma stavolta dovranno arrivare fino agli anni duemila e passa. Se protestiamo solo noi nessuno ci bada. Se non ci mettete anche voi del vostro la scuola rimarrà sempre questa, il Programma anche, e quando avrete dei figli non vorrete mica perdere tempo a interrogarli sui peli dell’Homo sapiens e a inseguire verbi irregolari per le condutture di casa… Perché è vero che come la guerra la scuola è bella anche se fa male, ma quanto più bella sarebbe se facesse anche qualcosa di buono. Perché la scuola, come diceva una mia vecchia conoscenza, deve essere magistra vitae. Perché non vogliamo cominciare a saper vivere a cinquant’anni. E perché poi, in fondo, lo diceva anche D’Annunzio, bambini: “settembre, andiamo. È tempo di migrare.”

 

Silvia Valerio

4/09/2015