Provateci con l’e-book

Bisogna proprio che me la si spieghi perché non la capisco. La ragione di vita dell’e-book. Le motivazioni profonde che lo tengono in piedi – se così si può dire per una tavoletta – e gli impediscono di procedere a un onorevolissimo suicidio elettronico. Povera creatura, non dovrei tanto chiederle a lei, quanto a quelli che se la aggiudicano ritenendola davvero una trovata. Al massimo, è una trovatella. Povera e inconsapevole. Con quel senso di colpa che leggi dietro al brillio dello schermo acceso. Io, dopo una giornata passata faccia a faccia col computer – che hai gli occhi che riflettono freccine peggio dell’inconscio di Guglielmo Tell e passi davanti al ragazzo gentile che ti voleva offrire un test gratuito dello stress visivo senza nemmeno vederlo, e senti il desiderio di fare come le Parche, che si levavano l’occhio e se lo scambiavano, giusto per dargli un po’ di respiro e vacanza – io proprio non ne voglio sapere. Mica per cattiveria. Per motivi di salute. I miei specchi dell’anima sono sull’orlo di una crisi di nervi. E siccome sono una persona superstiziosa agli specchi ci tengo, più che alle chiavi di casa. Le tavolette no e poi no. Ma non è solo questo. C’è molto altro.

L’uomo ha un bisogno fisico del libro. Ormonale. Ancestrale. Di sentirselo sotto i polpastrelli, di ascoltarlo gemere, di vederlo piegarsi ai propri movimenti. Di possederlo, in breve. Snello, grosso, frusciante, dal suono morbido e vecchio, con l’odore della tipografia addosso o quello stantio delle biblioteche. Con le pagine pallide di chi non ha mai visto la luce del sole o quelle un po’ beat generation macchiate di caffè. Il libro si rivela anche in superficie, la sua forma è l’anticamera della sostanza, dice senza dire il proprio contenuto proprio come una geisha d’antan. Tra te e il libro c’è una caccia istintiva. Lo sapete se entrando in una biblioteca avete provato quella gioia quasi erotica di averli tutti a disposizione, una specie di paradiso mussulmano. Lo scegli sugli scaffali di volta in volta per il principio degli opposti che si attraggono – l’anziano professore, il pamphlettino acerbo e sottile appena pubblicato; la studentessa, lo studio misterioso e rugoso di un secolo addietro – o quello delle affinità elettive, un po’ come i padroni scelgono i cani – lo spilungone, il catalogo d’arte più alto che largo, il riservato, il romanzo senza titolo in copertina. Molti ti allontanano per qualche loro caratteristica superficiale: il vestito troppo chiassoso, il colore deprimente, e non è detto che non sia un messaggio subliminale utile, perché, si sa, la facciata è più o meno solo la punta dell’iceberg e ti serve a non andare a sbattere, eventualmente, contro tutto il resto. Il libro a tre dimensioni, inoltre, mette alla prova e, nel caso, forgia, il proprio carattere: sarai così volenteroso e ardito da portarti a casa il libro cannone da 1160 e rotte pagine, oppure rinuncerai in partenza, preda dell’ansia da prestazione? Passerai la prova psicofisica del mattone o ti arrenderai a metà strada, magari regalandolo al fisarmonicista all’angolo?

Avere un libro libro è anche un’opportunità per leggere più di una storia, cosa che vale soprattutto se sei fortunato e il tomo è vecchio. Lo leggi a strati. Lo strato dell’autore, lo strato delle sottolineature, delle dediche, dei commenti, dei controcommenti, delle pieghe, dei numeri di telefono, interessantissimi. Ti senti come Heinrich Schliemann con la città di Troia. C’è sempre un nuovo strato. Mentre la mancanza di una storia personale, in quelli vergini ancora croccanti, non è un problema, perché viene compensata dalla possibilità di metterci tu le mani, di intervenire materialmente, istinto primordiale e ctonio, con libertà pressoché assoluta, per cui hai un’impressione di onnipotenza, di essere arbitro in terra del bene e del male. Ti piacciono le virgole? Sottolinei le virgole. Prevedi un passaggio del testimone? Ci metti, accanto ai paragrafi, i puntini di sospensione, così il futuro lettore avrà l’impressione che tu sia un suo vicino di banco e rilancerà magari con un punto esclamativo. Vuoi fare le orecchie alle pagine? Le fai, e di più: ci sussurri. Ti passa accanto un’ispirazione? Non ne perdi neanche l’ombra e la inchiodi a seconda dell’urgenza nel bel mezzo della storia, nelle ultime righe libere per le annotazioni, sul risguardo. I miei libri si addormentano sempre con la matita tra le pagine. Ogni tanto cerco di prendermi un po’ più cura di loro, tolgo la matita, metto al suo posto un segnalibro e rimbocco le pagine. Non potrei pensare a una camera asettica, finalmente ordinata, senza copertine che spuntano come funghi dai posti più disperati – non è un refuso, ma una presa di coscienza.

Figuriamoci, solo una tavoletta. Roba da cappella mortuaria. Dovrei cercare per forza un altro posto dove dormire. In cucina piuttosto. Oppure procurarmi dei soprammobili. Magari murrine veneziane o swarovski. Argenteria. Angioletti Thun. Tutte cose che si rompono solo a guardarle. E costose. Non se ne parla proprio. Ecco: anche se non si leggono, i libri fisici arredano, e senza grandi dispendi economici. Proteggono dai danni d’immagine. Provate a non avere una libreria, neanche una mensolina. Il mondo intero vi guarderà come analfabeti. Invece, molti capitoli molto onore. Il libro vecchio stile vale anche da rifugio degli ipocriti. E, per restare in tema, il libro è realista. Ti fa capire che ogni cosa ha un peso, più di dieci non ne puoi prendere perché, tanto, anche se li leggi contemporaneamente, più di così non ce la fai. E’ carnale, e di conseguenza, malleabile. Lo leggi in tram, nell’autobus, sul vaporetto, senza temere che crolli in frantumi alla prima frenata. Puoi allontanarti sereno. Il vicino non ti ruberà mai libri, puoi starne certo. Al massimo ne mollerà lui uno. Il libro dona a femmine e maschi, sembrano tutti più fascinosi e segreti. Può far nascere storie d’amore che durano il tempo di un prudentissimo e discreto “posso chiederle che cosa sta leggendo?”, evitando così il più triste “ci siamo già visti?”, o il dispendiosissimo, perché passibile di multa, “ha da accendere?”. L’e-book non funziona. Dà adito a sospetti. Potreste sempre navigare su un sito porno, oppure chattare con il fidanzato. Il libro è bucolicissimo e perciò emozionante: ci puoi nascondere i quadrifogli e lasciarli essiccare, accanto a un’ala di farfalla. Infine, perfino se è brutto, è di straordinaria utilità. Per esempio nelle notti di mezza estate piene di moscerini. Provate con l’e-book. Provateci. Soprattutto se vi sta antipatico.

Dudù

11 gennaio 2012